Il suolo e il cambiamento climatico

La Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC) definisce il  cambiamento climatico come un cambiamento del clima che sia attribuibile direttamente o  indirettamente ad attività umane, che alterino la composizione dell’atmosfera planetaria e che si  sommino alla naturale variabilità climatica osservata su intervalli di tempo analoghi.

Tale definizione  racchiude al suo interno due concetti fondamentali: la naturale variabilità climatica connessa ai  complessi processi naturali esterni (cicli del sole e dell’orbita terrestre) e interni al pianeta (interazioni tra  le unità geofisiche dell’atmosfera, dell’idrosfera, della criosfera, della terra solida e della biosfera);  l’alterazione di tale complessa variabilità naturale attribuibile alle attività umane (antroposfera). 

Il cambiamento climatico è spesso erroneamente considerato un fenomeno che riguarda solamente  l'atmosfera. In realtà anche il suolo svolge un ruolo strategico.  

Il carbonio organico nel suolo 

Il suolo costituisce la più grande riserva di carbonio organico esistente e svolge una funzione chiave nel  ciclo globale del carbonio. I suoli contengono più carbonio organico di quanto non ne sia presente  nell’atmosfera (760 Pg di carbonio organico) e nella vegetazione (560 Pg di carbonio organico) messe  assieme in quanto nel primo metro di profondità del suolo si rinvengono, a livello mondiale, 1500 Pg di  carbonio organico. Tale strato ha, infatti, la capacità di assorbire carbonio limitando la presenza di  questo elemento nell’atmosfera. 

La distribuzione del carbonio a livello globale, tuttavia, non è omogenea. Infatti, il carbonio, nelle zone  temperate e fredde del Pianeta (come l'Europa), è immagazzinato in maggior quantità nel suolo piuttosto  che nelle piante. Nelle zone tropicali, invece, avviene l'esatto opposto.  

Si sottolinea, quindi, che in Europa è fondamentale la tutela del carbonio organico presente nel suolo.  

Inoltre, i livelli di carbonio nel suolo variano tra gli Stati membri dell'Unione Europea ed in base  all'utilizzo del terreno. Le foreste, i prati e le torbiere rappresentano uno stock di carbonio stimato fino a  80 milioni di tonnellate all'anno, mentre nelle superfici a seminativi è scarso il sequestro. I terreni coltivati a seminativo sono, attualmente, fonte di emissioni di gas ad effetto serra (stimato in  circa 10-40 milioni di tonnellate di carbonio all'anno), ma rappresentano anche l'opportunità più  significativa per aumentare il sequestro del carbonio stesso. 

La presenza di carbonio organico è un indicatore del benessere dei suoli in quanto favorisce la stabilità  del terreno, limita l’erosione, incrementa la disponibilità di elementi nutritivi essenziali alle piante e  migliora la fertilità dei suoli favorendo i legami tra diverse sostanze. La maggior parte dei suoli italiani ha  un contenuto di carbonio organico che varia da basso (1-2%) a molto basso (<1%) (Fig. 1).  

Il suolo è risorsa limitata e non rinnovabile in quanto per originare 1 centimetro di suolo fertile sono  necessari dai 100 ai 1000 anni.

Il contenuto di carbonio organico basso è generalmente caratteristico delle aree di pianura soggette ad  agricoltura intensiva e fortemente urbanizzate4 e in particolare nelle aree meridionali, dove si  sovrappone anche il fattore climatico5.  

Purtroppo, il degrado dei suoli è progredito notevolmente in tutto il mondo. Infatti, studi recenti  dimostrano che circa il 33% dei suoli mondiali sono moderatamente o fortemente degradati6. Inoltre, si stima una perdita annuale mondiale di 75 miliardi di tonnellate di suolo fertile. 

La degradazione dei suoli e gli impatti connessi, generalmente, sono individuati e classificati  separatamente, ma, nella realtà, una serie di mutazioni della condizione del suolo insorgono nello stesso  istante o si rafforzano reciprocamente.  

L'erosione può verificarsi con maggiore intensità e probabilità in presenza di una diminuzione della  sostanza organica; la perdita della sostanza organica è strettamente collegata alla diminuzione della  biodiversità; a seguito di quest'ultima i suoli diventano meno stabili e più soggetti all'erosione; la  struttura del suolo è scarsa o indebolita a causa della compattazione che a sua volta incrementa la  gravità dell'erosione del suolo. 

La gestione sostenibile del suolo 

La gestione sostenibile del suolo è fondamentale per le tre Convenzioni principali delle Nazioni Unite che  riguardano la biodiversità (UNCBD), i cambiamenti climatici (UNFCCC) e la lotta alla desertificazione  (UNCCD). L'utilizzo e la gestione sostenibile del suolo sono al centro di una bioeconomia sostenibile e  carbon neutral. La conservazione del carbonio è, infatti, priorità assoluta per tutti i settori al fine di  mitigare i cambiamenti climatici e di garantire la transizione verso un'Europa a basse emissioni. Il  miglioramento della conservazione e del sequestro del carbonio nei suoli fornisce anche una leva. 

I fattori principali che determinano il declino della materia organica presente nel suolo sono: la  conversione di superfici erbose, foreste e vegetazione naturale in terreni arabili; l’aratura profonda dei  suoli; il drenaggio e l’uso di fertilizzanti; l’erosione del suolo e l’impermeabilizzazione del suolo. 5 L’innalzamento della temperatura e l’aumento di anidride carbonica nell'atmosfera determinano una  accelerazione della funzione clorofilliana e, quindi, una maggior produzione di biomassa vegetale a  disposizione del suolo. Al tempo stesso però esaltano la mineralizzazione della sostanza organica nel  suolo con la conseguente liberazione di un notevole volume di anidride carbonica dal suolo. 6 Fonte: Stato delle Risorse del Suolo nel Mondo, FAO (2015).

La gestione del suolo può essere definita sostenibile solamente se le attività agricole sono in grado di  supportare, incrementare, regolare i servizi ecosistemici forniti dal suolo, senza comprometterne la  funzionalità e la biodiversità, lasciando intatto il capitale naturale per le future generazioni. 

Al fine di favorire la capacità di stoccaggio di CO2nei suoli agricoli e ridurre le emissioni in atmosfera di  gas serra, è importante promuovere l'adozione di sistemi colturali innovativi ed efficienti basati  sull'inserimento di coltivazioni in grado di favorire la più ampia copertura vegetativa nell'annata agraria,  quali quelle di integrazione, intercalari, consociate (erba medica, trifoglio, ecc..), catch crop e cover crop  nelle rotazioni. Occorre, inoltre, introdurre una quota maggiore di colture da foraggio; impiantare o  preservare le siepi, le macchie e le fasce tampone arbustive; aumentare la conversione delle superfici  delle colture arative a prati; incentivare la non lavorazione del suolo (no tillage) tramite la semina su  sodo; attuare schemi di rotazione lunghi; coltivare su livello; gestire e recuperare i terreni marginali con  l'introduzione di nuove colture; privilegiare la pacciamatura organica e migliorare l'attività sia della  macrofauna che della microflora, specialmente quella fungina, per incrementare la porosità del suolo  garantendo un'ottima aereazione, infiltrazione dell'acqua, trasferimento di calore e crescita delle radici.  Per quanto riguarda le superfici agricole sarà importante promuovere misure volte ad adottare tecniche  di fertilizzazione e distribuzione del materiale organico (effluenti, digestato, compost, ecc.) più efficienti  ed efficaci, come, tra le altre, l'iniezione diretta del digestato, la fertirrigazione di precisione o le tecniche  a rateo variabile. 

Si sottolinea l'importanza di monitorare gli indicatori agronomici (rese colturali, qualità delle produzioni,  costi per coltura, ecc) ed ambientali (contenuto in sostanza organica dei suoli, attività microbiologica,  presenza di anellidi e microartropidi, ecc) per verificare il miglioramento delle funzioni agro-ecologiche  dei suoli apportato dalle pratiche attuate e di promuovere progetti di ricerca, di trasferimento di  conoscenze e supporto all'adozione di tecniche innovative specifiche tra ricercatori, tecnici ed  agricoltori. Occorre, inoltre, incentivare il supporto, la formazione e la sensibilizzazione in ambito  scolastico e professionale delle pratiche di gestione sostenibile del suolo. I servizi di divulgazione agricola  dovrebbero stimolare principi e pratiche sostenibili per il suolo. 

Conclusioni: le sfide del futuro 

La maggior parte delle pratiche sopra menzionate sono già note, ma la loro attuazione implica il  miglioramento delle politiche, dei metodi di analisi del suolo, delle disponibilità dei nuovi dati della  ricerca e della condivisione di conoscenze tra agricoltori. 

Per ridurre le pressioni sull'ambiente e contemporaneamente soddisfare la richiesta di alimenti, risorse  ed acqua potabile per la popolazione mondiale in aumento occorre transitare da una cultura di consumo  eccessivo, basata sull'esaurimento delle risorse, ad una in cui la crescita economica vada di pari passo  con la ricostituzione delle risorse naturali. Lo sviluppo definito entro i limiti delle risorse implica, infatti,  che la futura economia debba essere efficiente ed incentrata sulla circolarità, sulla realizzazione di  prodotti e servizi prioritari per la società (biomateriali, sostanze chimiche, energia, reintegro dei nutrienti  e sostanza organica nei suoli) e, infine, sulla creazione di nuove catene del valore resilienti e locali in  grado di promuovere l'utilizzo a cascata delle risorse biologiche e di migliorare l'efficienza dei materiali  quali il letame, i rifiuti alimentari ed i residui colturali. 

 

Ilaria Falconi