Relazione Arera, elettricità: prezzi e mercato

Con la presentazione del Collegio al Parlamento e al Governo della Relazione annuale 2022 sono stati anche pubblicati e sono scaricabili dal sito www.arera.it i due volumi della Relazione Annuale ARERA – l’Autorità di regolazione per l’energia e l’ambiente – sullo Stato dei servizi e sull’Attività svolta nel 2021.

Gli elementi contenuti nei due volumi (qui sintetizzati) riguardano l’anno solare 2021. Un quadro influenzato dalla ripresa post pandemia, poi evoluto sul finire dell’anno con i provvedimenti del Governo e nei primi mesi del 2022 a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.

Elettricità

 

 

I prezzi medi dell’energia elettrica per i consumatori domestici italiani mantengono per il 2021 una posizione simile al 2020, allineati e leggermente inferiori alla media dei paesi dell’Area euro in termini di prezzi lordi, con un peggioramento in termini di prezzi netti, compensato dalla riduzione del peso di oneri e imposte. Nel 2021, il differenziale dei prezzi lordi rimane elevato per la prima classe di consumo (< 1.000 kWh annui, +21% nel 2021, rispetto a +18% nel 2020) e torna a essere, se pur di poco, positivo per l’ultima classe di consumo (>15.000 kWh annui, +1% nel 2021 rispetto a -6% nel 2020); sono invece pressoché invariati rispetto all’anno precedente e leggermente più bassi rispetto l’area euro, i prezzi nelle fasce centrali: il differenziale di segno negativo delle tre classi di consumo centrali (tra 1.000 e 2.500 kWh annui, tra 2.500 e 5.000 kWh annui e 5.000 e 15.000 kWh annui sono rispettivamente -3%, -4% e -2%. Le prime due classi centrali (quindi per i consumi dai 1000 ai 5000 kWh) sono quelle dove si concentrano i maggiori consumi, coprendo rispettivamente il 38% e il 42% del totale dell’energia elettrica fatturata per i domestici nel 2021. In termini di prezzi netti si verificano per la prima volta differenziali positivi rispetto all’Area euro per tutte le classi di consumo, superiori al 10% per la prima e per l’ultima classe (questa presentava l’anno precedente un differenziale negativo del -8%) e di poco inferiori al 10% per le tre classi di consumo centrali (che presentavano l’anno precedente differenziali compresi tra il +1% e il +3%). Con riferimento ai principali paesi europei, nel 2021 la Germania si conferma, ancora una volta, il paese con i prezzi dell’energia elettrica più alti per il settore domestico, fatta eccezione per la prima classe di consumo. Rispetto all’omologo tedesco, il cliente domestico italiano continua a pagare prezzi finali decisamente inferiori, con un divario rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2020 per le classi 1000-2500 kWh e 5000-15000 kWh, pari a circa il -26% e invariato al – 28% per la 2500-5000 kWh; per l’ultima classe >15000 kWh i prezzi italiani perdono parte del vantaggio conseguito l’anno precedente, quando erano passati dal -11% al -28%, rimanendo di molto inferiori, ma in risalita al -19%. Guardando alla classe di consumo intermedia (2.500-5.000 kWh/a) – rappresentativa del cliente domestico, in quanto oltre ad avere il maggior peso in termini di energia venduta (42%) include il cliente tipo normalmente di riferimento per l’Autorità – il prezzo lordo è aumentato del 5,5%, in linea con l’aumento medio dell’Area euro (+ 5,8%) e a fronte di incrementi più elevati negli altri paesi, tranne che in Francia. Sempre guardando ai valori al lordo delle imposte, le famiglie italiane con consumi in questa classe hanno pagato un prezzo di 23,10 c€/KWh che corrisponde al 28% in meno delle tedesche e al 10% in meno delle spagnole, ma al 16% in più delle francesi.

Il processo di progressiva riduzione del divario tra i prezzi medi lordi dell’energia elettrica per il settore industriale del nostro Paese e quelli più convenienti pagati nell’Area euro, che, iniziato nel 2017, era ripreso nel 2020 dopo l’interruzione del 2019, torna a mostrare segnali di inversione nel 2021, con un peggioramento della situazione per tutte le classi, eccetto che per la prima. In particolare, i differenziali rispetto all’Area euro per le ultime due classi (tra 20.000 e 70.000 MWh di consumo annuo, e tra 70.000 e 150.000 MWh), che erano divenuti addirittura negativi nel 2020, tornano positivi (passando rispettivamente dal -3% al +5% e dal -16% al +6%); a ogni modo, le differenze non riacquistano i valori antecedenti al 2017, quando i prezzi italiani di queste due classi erano in media superiori del +25% e del +15% rispetto a quelli dell’Area euro. I prezzi italiani nel 2021 per la prima classe (​e (<20 MWh annui) si confermano i più alti rispetto alla media Area euro, +21%, sia pure in miglioramento rispetto all’anno precedente (era +27%) e in continuo calo rispetto al rimarchevole +41% del 2019. Per le altre tre classi si accentua il differenziale positivo (dal +5 al +13%, dal +9% al + 14% e dal +7% al +8%), senza però tornare ai livelli del 2019 (+17%, +20% e +18%). In termini di prezzi netti, il differenziale tra i prezzi italiani e quelli medi europei, che aveva subito una significativa contrazione nel 2020, cresce per tutte le classi. Continua invece tra il 2021 e il 2020 il calo del peso degli oneri e imposte, anche se ancora più alto rispetto all’Area euro. Nel 2021 la crescita dei prezzi industriali italiani è interamente dovuta agli aumenti dei prezzi netti (che vi contribuiscono per una quota del +25%), a fronte di una contrazione della componente fiscale (cui compete un calo medio dei prezzi del -3%); la crescita dei prezzi dell’Area euro, minore di quella italiana e pari in media al +13%, è invece dovuta a un minor aumento dei prezzi netti e a una sostanziale stabilità delle componenti fiscali. Passando al confronto con i principali paesi europei, i prezzi medi italiani al lordo degli oneri e delle imposte continuano, come da anni, a non essere quelli più elevati tra i principali paesi europei. I consumatori industriali di energia elettrica del nostro Paese, infatti, pagano prezzi più convenienti rispetto agli omologhi tedeschi. Il differenziale negativo è in media pari al -10% e va dal -7% della classe 20-500 MWh (con prezzo in Italia 22,97 c€/kWh e in Germania 24,68 c€/kWh) al -19% della classe 70.000-150.000 MWh (con prezzo in Italia 13,46 c€/kWh e in Germania 16,58 c€/kWh).

Nel 2021 i consumi di energia elettrica (300,6 TWh) risultano in aumento del 6% circa rispetto all’anno precedente, recuperando pressoché totalmente la diminuzione dell’anno precedente (nel 2020 il calo era stato del -6%) dovuta alla straordinaria situazione pandemica che aveva rallentato i consumi. L’aumento si è registrato in tutti i settori di consumo, compreso il domestico dove, tuttavia, l’aumento è stato molto più contenuto rispetto agli altri settori (+1,5%, contro aumenti superiori al +6% negli altri settori). La domanda nazionale di energia elettrica è tornata in linea con i livelli pre-covid del 2019 (- 0,6%) ed è stata soddisfatta per l’86,5% dalla produzione nazionale netta (che è aumentata del 2,2%), mentre per il restante 13,5% dalle importazioni. L’energia esportata è dimezzata e quella importata è aumentata del 17%, facendo registrare un saldo di energia import-export pari al 32,9%. Nel 2021 la produzione nazionale lorda di energia elettrica in Italia ha raggiunto 286,9 TWh, dai 280,5 TWh del 2020, con un incremento quindi del 2,3%. La crescita si è avuta, in particolare, nella produzione termoelettrica che è passata da 161,7 TWh circa a 170 TWh (+5,2%), grazie soprattutto alla maggiore produzione da gas naturale (142 TWh) che ha prodotto 8,4 TWh in più rispetto al 2020 e a quella da combustibili solidi (28 TWh) che ha generato 1,2 TWh in più rispetto all’anno precedente. La produzione da fonti rinnovabili (114,7 TWh) è risultata, invece, in diminuzione (-1,9%); la produzione da bioenergie, idroelettrico e geotermico è diminuita rispettivamente del 6,9%, del 5,9% e del 2,1%, mentre è aumentata considerevolmente la produzione da eolico (10,8%). È rimasta pressoché invariata la produzione fotovoltaica (25 TWh) con un aumento dello 0,5%. Sul totale della produzione il gas pesa quindi per il 49,5% (tutto il termoelettrico rappresenta il 59,3%) e le rinnovabili per il 40%. Eni è il primo operatore nella generazione termoelettrica, sebbene Enel abbia una quota appena inferiore; il primo gruppo, infatti, detiene il 15,7% della generazione termoelettrica complessiva lorda, mentre per il secondo la stessa quota è pari al 15,3%. Enel si conferma, per contro, il primo operatore nella produzione da fonti rinnovabili dove ricopre il 23,3% della generazione lorda, grazie alla sua quota significativa nell’idroelettrico (37,7%, in crescita rispetto al 34,8% dell’anno precedente) e alla totalità della produzione geotermica. Per l’anno 2021, si stima che, a consuntivo, i costi derivanti dall’incentivazione delle sole fonti rinnovabili siano pari a circa 10,5 miliardi di euro, con una diminuzione di circa 1 miliardo di euro rispetto al 2020 e circa mezzo miliardo di euro al di sotto dei costi degli anni 2018 e 2019. La quantità di energia elettrica incentivata complessivamente si attesta a poco più di 63 TWh.

Nel 2021 il numero complessivo dei punti di prelievo è rimasto sostanzialmente invariato (-0,2%) a poco meno di 37 milioni, di cui 29,8 milioni domestici e 6,7 milioni non domestici. Nell’ambito dei clienti domestici, a dicembre 2021 12,4 milioni sono serviti in maggior tutela e 17,5 milioni nel mercato libero: è proseguito quindi il sorpasso del mercato libero sul servizio di maggior tutela, cominciato nel 2020. I punti domestici serviti nel mercato libero sono saliti nella media del 2021 al 58,5%, contro il 54,3% del 2020. Se poi si guarda ai volumi, il superamento del mercato libero si conferma ancor più netto: nel 2021, infatti, l’energia acquistata dal settore domestico in questo mercato è salita al 60,7%, nel 2020 era il 57,1% e nel 2019 superava di poco la metà, il 51,7%. Nel 2021 la Sardegna è rimasta l’unica regione in cui la quota delle famiglie che acquistano l’elettricità nel mercato libero non raggiunge il 50%; in tutte le altre 19 regioni più della metà delle famiglie compra elettricità nel mercato libero. Lo switching delle famiglie è ulteriormente cresciuto, come nel 2020, sia che lo si misuri in termini di punti di prelievo, sia in termini di volumi, con un’accelerazione stimolata dalle aspettative sulla rimozione della tutela di prezzo, ora attesa entro gennaio 2024 per i domestici e, verosimilmente, per la ricerca di condizioni economiche più favorevoli per la crescita straordinaria dei prezzi dalla seconda metà del 2021. Nello specifico, il 15,7% dei clienti domestici – circa 4,7 milioni di punti di prelievo – ha cambiato fornitore almeno una volta nel corso dell’anno 2021, in volumi il 17,9% circa del totale dell’energia acquistata dal settore domestico. Nel 2021 il numero delle imprese di vendita di energia elettrica nel mercato libero iscritte all’Anagrafica operatori dell’Autorità1 (804) è tornato a crescere in modo sostenuto (+65 unità) dopo il rallentamento del 2020 (+16 unità) ma senza arrivare ai livelli del 2019 (+88 unità). Si conferma quindi un trend di espansione che procede ininterrottamente dalla liberalizzazione del 2007. Il gruppo Enel rimane l’operatore dominante dell’intero mercato elettrico italiano, sebbene con una quota in lieve riduzione da qualche anno: nel 2021 è scesa al 34,5% del totale dei clienti (bassa, media e alta tensione, domestici e non domestici, era al 35,6% nel 2020). Al secondo posto, con il 6,3% delle vendite, è salito il gruppo A2A, mentre il gruppo Edison, che occupava tradizionalmente il secondo posto, è sceso al terzo, con una quota complessiva del 5,3 (5,9% nel 2020). La quota dei primi tre operatori (gruppi societari), è al 46,1% delle vendite complessive, mentre era al 46,9% nel 2020. Enel controlla il 60,5% dell’energia consumata dalle famiglie (63% nel 2020 e 67,1% nel 2019); con una quota del 7,5% il secondo gruppo è Eni. Guardando al solo mercato libero, Enel ha una quota del 27%, stabile rispetto agli anni precedenti. Il secondo operatore diviene A2A, con il 6,3% circa, mentre Edison passa al terzo posto con il 6,1% circa (deteneva il 7% nel 2020). In termini di prezzo medio finale (componente a copertura dei costi approvvigionamento), nel 2021 i valori del mercato libero risultano in media, se pur di poco, lievemente più economici di quelli del mercato tutelato, con uno scarto prossimo al 2% (-1,7%). Solo le classi di consumo tra 1000 e 2500 KWh risultano ancora più onerose nel mercato libero che nel tutelato, comunque in misura limitata (circa +1%). Il ribaltamento della valutazione di convenienza rispetto all’anno precedente è dovuto ai contratti a prezzo bloccato, che hanno arginato (almeno nel 2021) i forti aumenti verificatisi nei mercati all’ingrosso nel corso dell’anno, in particolare nella parte finale. Infatti, mentre il costo di approvvigionamento nel servizio di maggior tutela è aumentato mediamente del 75% rispetto all’anno precedente, nel mercato libero l’aumento è stato solo del 9%.