Bitcoin, problema con le tasse? Mancano ancora norme fiscali certe in Italia

Entro i confini italiani le norme sono precise, ma ancora decisamente incomplete quando si tratta di criptovalute.

In riferimento in modo specifico a Bitcoin, se una persona dovesse detenere meno di 51 mila euro in Bitcoin, i guadagni non sono oggetto di tassazione. D’altro canto, però, ancora non c’è una legge specifica per questo ambito.

Il 2020 è stato un anno veramente importante per il trade Bitcoin, il cui prezzo è aumentato rispetto agli ultimi giorni del 2019 di qualcosa come quattro volte. E questo trend positivo non pare avere alcuna intenzione di fermarsi, visto che nel corso dei primi mesi di questo 2021 è salito ancora di più, raddoppiando il proprio valore e sfondando quota 61 mila dollari.

Le tasse che si pagano sui guadagni ottenuti tramite le monete digitali

Proviamo a comprendere un po’ più a fondo il quantitativo di tasse che si pagano sui guadagni che si ottengono tramite le criptovalute come i Bitcoin. Proviamo a fare un esempio per capire meglio in che situazione ci troviamo: quante tasse si devono pagare nel momento in cui si prende la decisione di vendere una parte di Bitcoin per ottenere euro, riuscendo a trarre un buon margine rispetto al primo investimento.

Ebbene, la risposta è assolutamente confusa e con pochissime certezze in Italia, dal momento che si tratta ancora di uno dei pochi Paesi facenti parte dell’Ocse che non ha provveduto a emanare una regolamentazione fiscale particolare. Tutto il contrario di quanto è avvenuto nel Regno Unito, in Francia, negli Usa e in Germania.

Fino ad ora, l’unico aspetto che non è avvolto da tante nubi è relativo al fatto che, per quanto riguarda le persone fisiche, se si hanno Bitcoin per oltre una settimana e per un valore che è quantomeno pari a 51645,69 euro, allora la tassazione sarà pari al 26%, ma solo sulle plusvalenze che si potranno ricavare nel caso di vendita.

Al di sotto di una simile soglia, ecco che non esiste alcuna tassazione, indipendentemente da quello che è il proprio reddito. Restare al di sotto di tale limite non è certo così complicato, dal momento che è sufficiente provvedere alla vendita dei propri Bitcoin non appena si sfiora una simile quota.

Il guadagno è notevole, dal momento che i profitti su cui si può mettere le mani sono evidentemente molto alti, anche per via dell’altissimo grado di volatilità che caratterizza questa criptovaluta, nonostante comunque ci siano diversi rischi.

Importanti le differenze rispetto alle più importanti alternative, come ad esempio le azioni, ma anche i fondi comuni e le obbligazioni societarie, visto che sui relativi guadagni viene tassato fin dal primo momento il 26%. Tutto questo si verifica per via del fatto che il fisco italiano va ad applicare alle valute digitali il medesimo trattamento che si fa riferimento alle valute estere. La scelta è dell’Agenzia delle Entrate, proprio per via del fatto che mancano leggi specifiche per le criptovalute.

L’Ocse rincara la dose: Bitcoin non è una moneta

Il problema è legato anche all’Ocse, secondo cui Bitcoin non si può considerare parte della stessa categoria della moneta. Poche volte il Bitcoin viene sfruttato come un’unità di conto, mentre non è ancora così diffuso come come strumento di pagamento e, infine, la riserva di valore è, senza ombra di dubbio, molto ristretta, proprio per via della notevole volatilità che caratterizza questa criptovaluta.

Quali sono le nazioni che considerano, sotto il profilo fiscale, Bitcoin come una moneta a tutti gli effetti? Si tratta della Polonia, del Belgio, della Costa D’Avorio e dell’Italia. In altri Paesi, invece, Bitcoin viene trattato esattamente come un asset finanziario, mentre in altri casi manca ancora una denominazione specifica.