Alimentazione da cibo animale e impatto con l'ambiente e il clima

Non sono pochi i problemi che l’umanità si troverà ad affrontare da qui al prossimo decennio.

I più impellenti, che ormai tutti conoscono, sono il riscaldamento globale con annessi cambiamenti climatici e l’aumento esponenziale della popolazione mondiale a cui necessiterà garantire cibo ed acqua. Preoccupazione non da poco visto che i deserti aumentano non solo in Africa, ma un po’ ovunque. A questa preoccupazione dobbiamo aggiungere la diminuzione e l’avvelenamento dei suoli agricoli, i mari che si acidificano o si riempiono di plastica e non ultima la questione della pesca aggressiva che sta impoverendo gli oceani, senza dimenticarci che l’attuale zootecnia sottrae aree agricole per l’alimentazione umana per produrre foraggio, costringendo gli stessi animali da latte e da carne a vivere stipati in veri lager.  In questo quadro non certo roseo, sono diversi gli scienziati che da qualche tempo parlano della sesta estinzione di massa, che non riguarderà solo il mondo animale, ma l’uomo stesso.

Al momento l’attenzione degli scienziati e soprattutto dei mass media è verso i cambiamenti climatici e le sue drammatiche conseguenze, noi di Accademia Kronos sul clima abbiamo cominciato ad occuparcene già 40 anni fa. Detto questo abbiamo notato che la questione del crescente consumo di carne in tutto il mondo e in particolare nei Paesi industrializzati sembrerebbe non interessare più di tanto scienziati, politici e mass media. Questione, invece, che causa squilibri in tutto l’ecosistema Terra.

Secondo i dati del Global Footprint Network, un'organizzazione internazionale di ricerca ambientale, se tutta la popolazione mondiale avesse lo stesso stile di vita e gli stessi consumi dei cittadini occidentali, il giorno del Sovrasfruttamento della Terra cadrebbe il 24 maggio, per cui la Terra nei rimanenti 7 mesi non avrebbero più la possibilità di nutrirci.

Il "Giorno del Sovrasfruttamento della Terra" indica per ogni anno la data in cui l'umanità ha finito di consumare tutte le risorse che il nostro pianeta è in grado di produrre in quell’anno: questi calcoli sono basati sull’indicatore ambientale detto "Impronta ecologica". L'Impronta ecologica misura la domanda annuale dell'umanità di risorse naturali e può essere confrontata con la biocapacità, che misura la capacità della Terra di rigenerare tali risorse in un anno. Il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra per l’opulento Mondo Occidentale è calcolato attribuendo l'Impronta ecologica di un europeo, di un canadese e di uno statunitense medio a tutta la popolazione mondiale, confrontandola con la biocapacità globale. "Se tutti gli abitanti della Terra consumassero le risorse come fanno i cittadini dei Paesi industrializzati, avremmo bisogno di 2,6 pianeti Terra", ha dichiarato Mathis Wackernagel, co-fondatore del Global Footprint Network. "Ma chiaramente abbiamo solo una Terra a disposizione, e non adattarsi ai suoi limiti diventa un rischio per tutti noi. Se il nostro pianeta ha dei limiti, l’ingegno dell’uomo sembra non averne. Vivere secondo le capacita del nostro pianeta di sostenerci è tecnologicamente possibile, economicamente vantaggioso ed è la nostra unica possibilità per un futuro più sicuro e sereno. Costruire un futuro sostenibile per tutti deve essere la nostra priorità ".
Ecco  perché è importante cominciare ad affrontare la questione del cibo animale. Questione  inerente ai cambiamenti climatici e alla fame nel mondo.

Entriamo nel merito

Se oggi siamo 7 miliardi e 600 milioni di abitanti che vivono su questa Terra e fra poco supereremo gli 8 miliardi e, visto, che il nostro pianeta a malapena riesce a sostenerci con le proprie risorse solo fino a tutto maggio, cosà accadrà tra qualche anno quando ci avvicineremo ai 10 milioni di abitanti?

Se prendiamo un computer e impostiamo un programma previsionale a questo scenario, la risposta sarà, purtroppo, negativa.
Allora non dobbiamo farci illusioni, perché questa è la realtà che ci si para davanti, né abbiamo tempo a disposizione per rimandare, riflettere e pensare, è iniziato il tempo dell’agire, dell’affrontare seriamente i problemi che minacciano il futuro dei nostri figli. Non abbiamo altri pianeti a disposizione, abbiamo solo questo. Dobbiamo quindi rivedere e ridimensionare i nostri atteggiamenti nei confronti dell’ambiente, quindi ridurre drasticamente l’uso dei combustibili fossili, non sottrarre più con disinvoltura suoli verdi per far spazio alla continua espansione delle nostre città, cessare di avvelenare con prodotti chimici di sintesi le nostre campagne, bandire per sempre la produzione di oggetti monouso non biodegradabili come la plastica e, infine, entrare nel merito dell’alimentazione umana cercando di valutare formule alternative che non incidano più sull’impronta negativa ecologica nei confronti di Madre Terra. Quindi affrontare anche la questione del cibo animale, tenendo presente i problemi globali accennati e soprattutto, iniziando ad avere un atteggiamento più umano nei confronti degli stessi animali.

La situazione planetaria nell'uso dei suoli agricoli

Per molti scienziati la zootecnia intensiva, intesa come grandi assembramenti sia al chiuso che  all’aperto, di bovini, ovini, suini e pollame rappresenta uno tra i principali elementi di inquinamento terrestre e di produzione gas climalteranti di tutto il pianeta.

E’ ormai acquisito da tutti che l’aumento nel nostro pianeta dei gas ad effetto serra è dovuto anche al bestiame, responsabile per circa una buona parte delle emissioni globali dei gas serra. Il bestiame, soprattutto nei ruminanti, rilascia metano attraverso i microorganismi che sono coinvolti nel processo di digestione animale, e protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame.

Il 74% delle emissioni animali mondiali è causato dai bovini. Per i climatologi metano e protossido di azoto, sostanze prodotte sempre dal bestiame, rappresentano circa il 20% del nefasto contributo al riscaldamento globale(dati recenti invece ci dicono che la percentuale sale al 28%). L’aumento della popolazione planetaria e l’esigenza indotta dalla propagandata dalle multinazionali del cibo, a mangiare sempre più carne, come risultato finale ci dicono che le emissioni di gas serra continueranno, nonostante i vari summit sul clima e la timida controtendenza al consumo di carne di cui ne parleremo più avanti. Quindi possiamo affermare che mangiare la carne si contribuisce al cambiamento climatico. Anche nel penultimo  summit sul clima a Katowice in Polonia del 2018 noi di Accademia Kronos abbiamo ribadito la necessità di informare la gente sul contributo negativo, relativamente al rischio climatico, rappresentato dal mangiare troppa carne.

Da un punto di vista ambientale, sarebbe meglio che la popolazione umana seguisse di più l'esempio della dieta mediterranea, ricca di carboidrati e verdura, che limita l'uso della carne.