Il clima impazzito

Lo abbiamo scritto, detto e ridetto più volte: “ non è che il clima da solo un bel giorno ha deciso di  cambiare e di diventare più instabile e distruttivo”.

Ad aprire il “vaso di Pandora” del clima terrestre è  stato l’uomo, sempre lui, con disboscamenti, inquinamento dell’ambiente in genere e soprattutto con  l’immissione in atmosfera dei gas climalteranti, tra cui l’anidride carbonica, il metano, quelli fluorurati ed  altri; gas questi che hanno iniziato a far aumentare la temperatura terrestre a livelli preoccupanti. A  partire dall’era industriale infatti la CO2 è passata da 280 ppm agli attuali 415 ppm.  

Da qui La causa per cui aree del pianeta già in precario equilibrio climatico si stanno trasformando in  lande desolate, arse e senza vita, oppure flagellate da uragani e nubifragi. 

Dal punto di vista climatico, il Medio Oriente e il Nord Africa sono tra le aree più calde della Terra. Le  proiezioni previsionali su queste zone del pianeta ci dicono che fra non molto sono destinate a diventare  “roventi”. Secondo il celebre Max Planck Institute le ondate di calore quintuplicheranno entro il 2050,  «contribuendo sicuramente alla pressione migratoria». Quindi il numero di rifugiati climatici provenienti  dalla sponda africana del Mediterraneo potrebbero aumentare vertiginosamente in pochi anni e da  qualche decina di migliaia di migranti, si potrebbe passare a diversi milioni.  

Complessivamente, la popolazione del Medio Oriente e del Nord Africa ammonta già a circa 500 milioni  di persone, i cui luoghi d’origine secondo il Max Planck Institute potrebbero «in gran parte divenire così  caldi e aridi da compromettere l’abitabilità umana». 

Al momento secondo l’Agenzia per i rifugiati dell’Onu sono circa 260 milioni in tutto il mondo le persone  in crisi e pronte a migrare verso aree del pianeta più vivibili, ma questi numeri sono già pochi se verranno  confermate anche le previsioni sulla crisi climatica. Secondo l’International organization for migration, i  cambiamenti climatici potrebbero far spostare fino a un miliardo di persone entro il 2050 . Eppure nessun  trattato internazionale analizza a fondo e cerca soluzioni per le future migrazioni indotte dal clima, una  lacuna che dovrà al più presto essere affrontata. 

Le popolazioni a rischio in tutto il mondo già conoscono siccità, disastri naturali, desertificazione,  fallimento dei raccolti e molti altri disastri che stanno mettendo a rischio i mezzi di sostentamento. In  Sudafrica una siccità record ha obbligato le grandi città a prendere decisioni drastiche sul razionamento  dell’acqua. La scarsità di risorse è particolarmente pericolosa negli Stati politicamente instabili, in cui il  cambiamento climatico è già stato collegato a conflitti violenti e sconvolgimenti comunitari. Ad esempio  le dispute per la terra fertile e l’acqua dolce, secondo i più insigni osservatori economici e sociali del  pianeta, hanno rappresentato in gran parte le cause di molte guerre locali, dalla Siria al Darfur. Lo stesso  tentativo di creare il fantomatico Califfato, quello dell’ISIS, ha preso spunto dal malcontento delle  popolazioni costrette a lasciare i loro campi agricoli ormai improduttivi per rifugiarsi nelle grandi città.  Temiamo che questi rischi non finiscano qui, i cambiamenti climatici potranno produrre ancora ulteriori  spargimenti di sangue nei prossimi anni.

La ricerca, condotta in tandem con il Cyprus Institute, non guarda al lontano futuro ma a due orizzonti  temporali assai vicini: 2050 e 2100. Per analizzare l’andamento delle temperature nell’area nel corso del  21esimo secolo, i ricercatori hanno incrociato i risultati di 26 modelli climatici che si sono già rivelati  affidabili nel prevedere i dati poi effettivamente rilevati negli anni 1986-2005. Due gli scenari proposti.  Nel primo caso si ipotizza che i gas serra emessi dalle attività umane in atmosfera continueranno a  crescere in maniera preoccupante. Il secondo caso, più ottimista, prevede un Mondo che riuscirà a  mantenere la promessa siglata da 197 Paesi (Italia compresa) nell’Accordo di Parigi, con la temperatura  media globale che non supererà la soglia critica di +2 °C rispetto all’era preindustriale. 

Purtroppo però, anche in questo caso, lo scenario per il Nord Africa e il Medio Oriente rimane assai cupo.  Quello dei due gradi sembra una battagli ormai persa, gli scienziati infatti parlano che in queste zone del  pianeta durante il periodo estivo le temperature medie potranno salire oltre i + 4°C. 

Entro la metà del secolo – spiegano dal Max Plack Institute – durante i periodi più caldi le temperature  non scenderanno al di sotto di 30 °C durante la notte, e durante il giorno si potrebbero avvicinare ai +50 °C. Entro la fine del secolo, le temperature di mezzogiorno nei giorni caldi potrebbero anche salire a + 50  °C. Inoltre aumenterà la durata delle ondate di calore: il numero di giorni estremamente caldi è già  raddoppiato rispetto al 1970 e, anche se le emissioni di gas serra diminuiranno, entro il 2100 potrebbero  moltiplicarsi ancora. Tra il 1986 e il 2010 era molto caldo per un periodo medio di circa 16 giorni, mentre  entro la metà del secolo sarà insolitamente caldo per 80 giorni all’anno (ovvero, cinque volte tanto), e  per il 2100 le previsioni arrivano ad aumentare i giorni fino a 118 l’anno. Se invece le emissioni saliranno  ancora, i giorni estremamente caldi arriveranno a 200 su 365. A questo già terrificante scenario si somma  poi il sensibile aumento delle tempeste di sabbia a causa del prolungamento dei periodi siccitosi, con  eventi che già oggi sono in corso: i ricercatori hanno constatato che dall’inizio del secolo a oggi la  presenza di polveri di sabbia proveniente dal Sahara è aumentata del 70% nell’atmosfera sopra la Siria,  l’Iraq e l’Arabia saudita.